Quella della Blockchain è una tecnologia che ha iniziato ad essere conosciuta dopo essere stata impiegata da diverse criptovalute, come il Bitcoin.
Oramai però è diventata una tecnologia generalizzata, che ci permette di iniziare a pensare alla prossima fase dell’internet.
È in atto infatti un passaggio dall’internet delle informazioni a quello del valore, che dovrebbe permetterci di poter gestire autonomamente tutto ciò che per noi ha valore: denaro, azioni, proprietà intellettuale, elezioni.
Tutti questi asset possono essere digitalizzati, gestiti, immagazzinati e trasferiti in modo sicuro e privato, grazie alla crittografia garantita dalla blockchain.
La blockchain insomma, sta iniziando a mantenere la sua promessa di trasformare il business come lo conosciamo e di sconvolgere intere industries.
Molti sono arrivati a definirlo come un nuovo sistema operativo per la società del 21° secolo, che permetterà alle persone di lavorare a progetti importanti e condivisi in modi nuovi ed eccitanti.
Secondo BusinessWire, avrà anche un impatto economico incredibile: il mercato globale della blockchain dovrebbe raggiungere 56,7 miliardi di dollari entro il 2026, partendo dai 6,0 miliardi di dollari del 2021. Secondo Markets & Markets raggiungerà i 39,7 miliardi nel 2025.
Tutto molto bello, ma anche tutto molto fumoso.
Come può la blockchain risolvere i molti problemi del mondo reale?
Una prima risposta la possiamo ottenere dal Research Institute, che su Coursera presenta degli spunti interessanti tramite Don Tapscott.
Il caso pratico che presenta è questo: siamo da Starbucks e paghiamo con la carta. Che cosa avviene attualmente “dietro le quinte”? Le informazioni passano attraverso sei società diverse e tre giorni dopo avviene una compensazione sul nostro conto corrente.
Se questa operazione fosse basata su blockchain, e le informazioni venissero scritte su un “libro mastro distribuito”, non ci sarebbe nessun motivo per aspettare tre giorni, non ci sarebbe rischio per nessuna controparte, e non ci sarebbe nessun costo da coprire.
Pensiamo all’impatto che questa semplice modifica potrebbe avere sull’industria del trasferimento di denaro, che vale mille miliardi di dollari e che permette, ad esempio, alle persone che hanno lasciato il loro Paese di mandare denaro alle loro famiglie.
Veniamo ad un secondo caso, quello dei dati personali. Attualmente decine di grandi organizzazioni hanno raccolto nei loro archivi tutti i nostri dati informatici, di fatto arrivando a conoscerci meglio di quanto ci conosciamo noi stessi. Dove eravamo un anno fa? Che cosa abbiamo comprato ai nostri figli il Natale scorso? Che canzone ascoltiamo di più in macchina? Che punteggio abbiamo ottenuto ad un test? Quali pastiglie prendiamo? Qual è il nostro battito cardiaco medio alle 15 del pomeriggio?
Il problema è che questi dati che ci riguardano sono salvati su computer che non sono i nostri, e quindi non sono accessibili da noi, come individui.
Il paradosso è che sono però accessibili ad altre organizzazioni che, pagando, riescono a capire chi siamo e a farci vedere un messaggio che può influenzare la nostra visione del mondo.
Grandi aziende tecnologiche, società finanziarie, Governi, ma ormai qualsiasi azienda che sia disposta a pagare, anche il barbiere sotto casa che fa pubblicità sui social per farci sapere che la prossima settimana ci sarà uno sconto. Insomma, possiamo dire, semplificando molto, che la privacy è attualmente a forte rischio.
Ecco. La blockchain può aiutarci a riavere le nostre identità, e a creare un “nostro” registro che raccoglie tutti questi dati man mano che si va avanti nella vita e che ognuno di noi può decidere come impiegare.
Un ultimo caso di utilizzo pratico, Don Tapscott, ce lo aveva già suggerito in un TED talk di qualche anno fa, prendendo in esame l’industria musicale.
Attualmente, dal punto di vista economico, agli artisti rimangono solo le briciole. Un cantautore di 30 anni fa, scrivendo una canzone di successo, e vendendo un milione di singoli, avrebbe guadagnato 45.000 dollari in diritti d'autore.
Se oggi un artista scrive una canzone di successo che arriva tramite lo streaming ad 1 milione di persone, ottiene circa 36 dollari. Per risolvere questo problema Imogen Heap, la cantautrice inglese che ha vinto il Grammy, sta trasferendo la sua musica su un sistema di blockchain. La musica è gestita da un contratto intelligente e protegge i suoi diritti di proprietà intellettuale.
Se volete ascoltare la canzone è gratis, se volete usarla come suoneria dovete pagare poco, se volete usarla in un film come colonna sonora dovete pagare di più, insomma: tutti i diritti intellettuali sono specificati in modo esplicito e non trasformabile.
Questo non vale solo per i cantautori, ma per qualsiasi creatore di contenuti, per qualsiasi inventore, per qualsiasi artista, per qualsiasi scienziato, per qualsiasi giornalista.
Sono tutte persone che non ricevono un giusto compenso, e con le blockchain riusciranno a guadagnare quel che spetta loro.
Il mondo degli NFT, che è presente in questi mesi sulle testate di tutti i giornali, non è che la prima incarnazione di questo futuro ormai vicinissimo.
Queste sono soltanto tre delle tantissime opportunità davanti alle quali ci troviamo.
La blockchain ci sta dando un'altra chance, un'altra opportunità di riscrivere la rete di scambi economici e di risolvere alcune delle questioni globali più difficili.