L’innovazione è una medicina? Sbagliato!

E altri 6 falsi miti che impediscono alle aziende di innovare con successo

Che cosa avete fatto, di nuovo, quest’estate?

Avete imparato a cucinare, ad andare sott’acqua, a ballare? Avete imparato a riparare una motocicletta? Siete stati in un posto nuovo? Avete acquistato finalmente il campanello per la bicicletta?

come lo avete fatto? Vi siete iscritti ad un corso on-line? Avete sposato un talento di organizzazione? Avete acquistato un libro? Siete stati su Amazon?

perchè, lo avete fatto? Il perchè, se ci pensate, è addirittura più interessante della soluzione che avete trovato. L’avete fatto per assaggiare nuovi modi di vivere, per proseguire un percorso di esplorazione, per migliorare il vostro benessere, per arricchire di nuove esperienze il rapporto coi figli, col partner, con gli amici, coi genitori, o per avvicinarvi alla tradizione familiare, per tutelare la vostra sicurezza, per estendere le vostre conoscenze.

Qual è il punto? Eccolo.

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Gli individui

Noi e tutte le persone anche molto diverse da noi, innoviamo per avanzare lungo una direzione di progresso (e quindi fare meglio, ottenere risultati migliori) rispetto ad un compito che consideriamo importante.

Lunga questa direzione di miglioramento adottiamo, potremmo dire “assumiamo” soluzioni e servizi — nuovi nella nostra esperienza — che ci aiutano a progredire nella direzione che abbiamo identificato. Questo, accade a livello individuale. Questa, è la ragione che ci spinge ad adottare nuove soluzioni.

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Le aziende

Le aziende, invece, perchè sviluppano nuove soluzioni, nuovi servizi?

Le aziende hanno esigenze di innovazione piuttosto diverse, e altresì omogenee tra loro.

Le aziende innovano per inseguire la competitività perduta, o per conquistarla. Per crescere, per rimanere “sul mercato”, cioè profittevoli ed in vita grazie a qualcuno che fruisce del valore generato dall’azienda, e lo ricambia. Rimanere “sul mercato” è un’espressione fuorviante, perchè può significare sia conservate il proprio mercato che conquistarne/crearne uno nuovo.

Ecco alcuni False friend a questo riguardo:

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#1 “Le aziende innovano anche per caso”

Capita spesso sentirlo dire. La verità è che l’invenzione può sorgere per caso, ma l’innovazione viene sviluppata e adottata per un motivo. Che magari rimane disatteso, ma il motivo è razionale, economico.

#2 “Le aziende innovano perchè hanno il loro Steve Jobs, il loro genio!”

Steve Jobs è un grande esempio e riferimento per tutti. Ha fatto grandi cose, e ad un certo punto anche lui è stato sbattuto fuori. A dimostrazione del fatto che sviluppare cose nuove non basta, e a volte non serve, tante sono le innovazioni che capitano senza invenzione, senza che ci sia un’originalità di base.

Quante delle cose nuove che avete fatto sono nuove in assoluto, nuove per tutti?

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Le aziende hanno bisogno di far funzionate il ciclo degli investimenti: l’azienda investe, produce innovazione, l’innovazione produce un risultato, che permette all’azienda di continuare a vivere, crescere e re-investire.

Quindi, dal punto di vista della ragione aziendale, gli innovatori servono effettivamente all’azienda se il risultato dell’innovazione ha una ricaduta in termini di potere — economico, di condizionamento — che l’azienda può spendere nel mercato, per generare ulteriori risorse da immettere nel circolo.

#3 “Le aziende innovano anche per noia, per soddisfare il bisogno del personale di fare cose diverse”

C’è sempre una dimensione individuale. La noia può essere un motore. Da un punto di vista aziendale non possiamo dimenticare il meccanismo di investimento / innovazione / ritorno. Sul perchè si inventino cose nuove si trovano risposte anche estranee alla razionalità economica. All’interno di un quadro più ampio, l’invenzione ha un senso comunque.

Michael Dell, fondatore e CEO della DELL. E’ sua l’affermazione “You have to innovate when times are good”

Michael Dell, fondatore e CEO della DELL. E’ sua l’affermazione “You have to innovate when times are good”

#4 “Si innova perchè le cose non funzionano più, per sopravvivere alla crisi”

Il tema è molto dibattuto, ed io penso che anche in questa affermazione ci sia un tranello: si innova, invece, quando i tempi sono buoni! Se l’azienda è in affanno, probabilmente non ha risorse suffcienti per avere un ritorno in innovazione, poichè il ritorno non è mai a brevissimo, invece la crisi è qui, immanente.

Se è in crisi, l’azienda è costretta a trovare un modo veloce per stare a galla.

L’innovazione è un lusso, una vitamina, una buona abitudine, che le aziende assumono per continuare a stare bene. Se viene assunta come una medicina quando si sta male, nella generalità dei casi, funziona raramente. Occorre prima pagare gli stipendi, i fornitori, le materie prime, è raro potersi permettere una medicina dal principio attivo così lento!

Ricapitolando: le aziende innovano per guadagnare potere rispetto ad un mercato. Le individualità, che rappresentano il mercato, adottano soluzioni innovative per progredire lungo una direzione importante. Quindi le aziende per innovare devono individuare queste direzioni di progresso e proporre delle soluzioni che lo sostengano, che tirino lungo la stessa direzione in cui gli individui — a loro modo — stanno già spingendo. Questo solco in cui uno spinge e l’altro tira può essere la metafora del “bisogno”.

E’ questa, in pratica, la progettazione user centred.

A questo punto molti sollevano obiezioni, che possiamo archiviare come “False friend #5”

#5 “I bisogni si creano!”

Siete d’accordo? Creiamo davvero i bisogni o creaimo delle abitudini che portano ad adottare dei prodotti/strumenti per soddisfare meglio certi bisogni? E’ un tema difficile, largamente discusso. Dal mio punto di vista, in base alla mia esperienza, quello che gli innovatori possono fare è indirizzare, in modi sempre diversi, la soddisfazione di un bisogno che esiste già. (Senza, in molti casi, risolverlo!)

Molti processi di innovazione partono dalla generazione di idee. Si può fare di meglio.

Molti processi di innovazione partono dalla generazione di idee. Si può fare di meglio.



Se siamo tutti d’accordo, e mi permetto di presumerlo, che le aziende innovino per soddisfare uno specifico bisogno individualmente riconosciuto, allora perchè è così comune osservare interi processi di innovazione che partono dal mitico “brainstorming di idee”? Spesso nelle prime fasi del processo di innovazione si organizza un bel workshop per generare tutte le combinazioni possibili di idee: tra momenti di religioso silenzio in cui gli spunti germogliano nella testa dei partecipanti, altri più chiassosi in cui li si appiccica tutti sul muro con dei post-it, e infine un coup de teatre formidabile in cui il moderatore crea l’ordine dal caos, e produce i cluster di idee.

Forse alcuni di voi sono stati anche pagati per partecipare o moderare eventi simili. Anche io l’ho fatto in passato.

Non è mai troppo tardi per ravvedersi. Immagina infatti di essere l’arciere migliore al mondo, il campione mondiale assoluto. Vieni portato in una stanza e bendato. Poi nella stanza viene posizionato un bersaglio, e ti viene detto di colpirlo. Quante probabilità hai di centrarlo, bendato? Qualcuno le ha anche calcolate: circa 1 su 14 milioni. Provare per credere.

Siete bravissimi a scagliare idee, ma a cosa vi serve se non conoscete dove si trova il bersaglio? Il bersaglio, è il bisogno, e dentro il bisogno, il problema.

Molti ritengono ingenuo ed anacroniscono, nella nostra società così satura di soluzioni, pensare che esistano ancora bisogni, in natura. Questo mi dà lo spunto per parlarvi del False Friend #6, che è in qualche modo ancillare al #5.

#6 “Non abbiamo più bisogni”

Vediamo se riusciamo ad intenderci su questo punto, perchè credo ci sia molta confusione sulla definizione di bisogno.

Qualcuno ti chiede di aiutarlo a sistemare la valigia in treno. Come lo definiresti? Questo è un bisogno, o più tecnicamente un problema, cioè il mancato soddisfacimento di un bisogno.

La persona ha un ‘lavoro’, un job, un compito, importante da portare a termine, lungo cui avanzare, che ha scelto per sè: andare più lontano o più vicino rispetto alla propria famiglia, nutrirsi di nuove destinazioni, avvicinarsi al lavoro dei sogni…

Nell’ambito di questo compito, massimizzare il numero di cose da portare con sè è probabilmente un risultato auspicabile, che può scontrarsi con dei problemi.

Tu hai un “lavoro” da portare a termini (bisogno), ti manca qualcosa per progredire verso il tuo risultato, e quindi maturi un problema. Ecco, questa è la definizione fungibile di bisogno e di problema. Puoi osservarlo a diverse granularità, ma questa definizione di bisogno si presenta molto fungibile.

Pensiamo ad un trapano (esempio di Lewitt) e al bisogno che soddisfa. Pensiamolo dal punto di vista del lavoro che ci aiuta a svolgere. Lewitt dice: “il lavoro per cui assumo un trapano è fare buchi, quindi non acquisto il trapano, acquisto il buco”. Vi basta? Pensateci un attimo. Forse il mio lavoro non è fare un buco, ma appendere una mensola. O forse, conservare i libri.

Perchè è importante acquisire questa prospettiva a diverse ‘distanze’: perchè mi permette di valutare quali soluzioni alternativa il mercato può valutare per svolgere lo stesso lavoro, e quindi quali sono i miei competitors.

Qual è il veri competitor del trapano? La colla millechiodi?

No, il Kindle! La prospettiva del JTBD (Job To Be Done — letteralmente Lavoro da portare a termine) ti permette di fare luce sulle aspettative del tuo cliente, e sulle alternative che considera, dal suo punto di vista. Ne abbiamo parlato per esteso qui.

Allora, in questo senso, qual è il mercato in cui operi?

#7 “Un’azienda è quello che fa”

Spesso le aziende e i loro mercato si identificano e definiscono attraverso una categoria di prodotto. Questo, nel corso della storia, ha fatto sì che molte aziende perdessero dei treniTreni, oltre che una metafora, non è una parola a caso, perchè se molti produttori di treni avessero definito sè stessi come promotori della mobilità, e non come produttori di treni, non sarebbero stati presi in contropiede dall’auto, o dall’aereo, che ha sostituito il treno in molte situazioni e chilometraggi.

Allenare le aziende, le persone, a ragionare in termini di bisogno, di lavoro che le persone vogliono portare a termine, e quindi di valore, è fondamentale!

Facciamo un altro esempio, e consideriamo un’azienda che produce tagliaerba. Sulla base del prodotto, si potrebbe dire che l’azienda è in competizione con altre aziende che producono tagliaerba. Cerchiamo di cambiare prospettiva e capire quali sono i competitor reali, cercando il vero valore creato per il cliente. Chiediamoci quindi perchè un individuo debba acquistare un tagliaerba. Per “tagliare l’erba!”. Va già bene così, per ora, siamo al livello “Colla-millechiodi” dell’esempio del trapano, ma è già qualcosa. Da questa prospettiva i competitor reali sono altre soluzioni per tagliare l’erba: il giardiniere, le caprette, altri tagliareba naturalmente.





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E perchè a una persona interessa tagliare l’erba? Le risposte cominciano a dipanarsi, aprendo la strada per la definizione di mercati diversi. Scegliamone una: “Per tenere il prato in ordine”. OK. Quindi nella mente del cliente, le opzioni non includono solo il tagliaerba, ma anche l’erba sintetica, quella OMG, o le pitture per l’erba che ingiallisce. Abbeverare il prato, infatti, serve a tenere l’erba verde: il fatto che cresca è una conseguenza involontaria e anche spiacevole da gestire, dell’abbeveramento. Se non la si abbevera spesso, rimane corta, ed esistono pitture apposta per rinverdirla!



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OK. Allora perchè si vuole tenere il prato in ordine? Diciamo che il nostro interesse sia “fare bella figura coi vicini, avere una bella facciata da mostrare”. Ecco che si aggiungono altre alternative al mazzo, che non includono nemmeno un filo d’erba: pacciame, giardini giapponesi, etc.

Quindi, mi chiedono spesso, se produco tagliaerba dovrei integrare la mia offerta con giardini giapponesi?? No, non necessariamente, non direttamente: ma sapere in cosa consiste il vantaggio reale creato per le persone, il vero obiettivo nelle loro vite, il progresso che stanno perseguendo, è di fondamentale importanza per perscrutare la concorrenza, e le minacce che possono portare i nostri clienti a ‘licenziarci’, per ‘assumere’ una nuova soluzione.

Nel contesto B2B le dinamiche non cambiano: si complicano solo un po’, essendo più lunga la catena decisionale, e tortuoso il sistema di interessi in gioco.

Ricapitolando

  • Le aziende innovano per guadagnare potere rispetto ad un mercato.

  • Le individualità, che rappresentano il mercato, adottano soluzioni innovative per progredire lungo una direzione importante, il Job To Be Done (JTBD).

  • Quindi le aziende per innovare devono individuare queste direzioni di progresso e proporre delle soluzioni che lo sostengano, che tirino lungo la stessa direzione in cui gli individui — a loro modo — stanno già spingendo.

  • Il questo viaggio di completamento del JTBD posso sorgere bisogni e problemi, che costituiscono delle opportunità per la generazione di nuove soluzioni, e quindi mercati.

  • Per rimanere competitivi nel tempo, è molto ultile definire il mercato nel termini del JTBD, e del bisogno (invece che rispetto al prodotto).

E voi, in quale mercato siete?