Gli Innovation Lab stanno sorgendo in aziende appartenenti a diversi settori merceologici, in diverse parti del mondo, con una frequenza sempre più elevata[1].
Nascono sotto le migliori intenzioni, sono portatori di valori importanti, cercano di infondere un senso di rinascita attraverso il coinvolgimento (scusate, l’engagement) di tutto il personale dell’azienda, sono animati e guidati da persone brillanti e capaci!
Insomma, sembrano essere la risposta giusta alla pressante esigenza di generare risposte alle più variegate e difficili domande a cui un’organizzazione deve rispondere, tipo:
come posso mantenermi competitivo?
come posso acquisire gli ultimi strumenti della tecnologia?
come posso innovare il modello di business dell’azienda?
come posso generare delle idee dirompenti — anzi, disruptive (questa è la più gettonata)?
e come farò ad essere il leader di domani?
Il tutto in un ambiente dinamico e divertente.
Tutto bene quindi? Non così tanto. In media, la maggior parte di essi sarà scomparsa entro tre anni dal lancio. Recentemente Target, Alaska Airlines, Coca-Cola, New York Times e Chubb (non ho informazioni su casi italiani, forse è ancora troppo presto, o forse no??) hanno chiuso tutti i loro Innovation Lab.
Allora, qual è il problema? Le aziende non hanno persone brillanti a sufficienza? Le grandi aziende non dispongono di buone idee? Oppure succede qualcosa di diverso?
In molti articoli ([2][3][4][5]) vengono riportate alcune cause per le quali gli Innovation Lab falliscono nel rispondere alle domande di cui sopra. Le ragioni più rilevanti sembrano essere:
Assenza di visione e obiettivi condivisi
Il team di “innovatori” sbagliato
Enfasi sugli aspetti estetici e poco sulla sostanza (vedi il teatrino dell’innovazione)
Errati indicatori di progresso, quindi cattiva gestione dei risultati
Isolamento dal resto dell’organizzazione
Scarsi impatto e significanza delle idee generate
Assenza di metodologie adatte nel coltivare l’innovazione
L’Innovation Lab assolve primariamente a funzioni di marketing (sempre il solito teatrino)
La funzione dell’Innovation Lab è autoreferenziale: innovare per innovare.
Le condivido e sottoscrivo — attraverso la mia esperienza — una per una. Credo tuttavia che la ragione principale per cui gli Innovation Lab non funzionano è che si pensa che questi siano la risposta giusta all’esigenza di trasformazione dell’azienda.
Siamo stati abituati e premiati, sin dalla nostra formazione scolastica, a fornire risposte giuste ai problemi che ci venivano posti, e questo ci porta a considerare ogni domanda come un problema da risolvere, con, appunto, la soluzione giusta.
Ma, direte voi, un problema è un problema, e ogni problema deve avere una soluzione!
In generale sì, ma occorre prima considerare che ci sono due tipi fondamentali di problemi, che ognuno richiede un approccio diverso e che non tutti hanno una e una sola soluzione.
Tipo 1: Sono i problemi di tipo puzzle che, indipendentemente dal numero di pezzi o variabili, hanno una soluzione chiara, che funziona sempre se le circostanze rimangono le stesse.
Tipo 2: Poi invece abbiamo i problemi di tipo dilemma, o paradossi, o polarità.
I dilemmi sono problemi che hanno due soluzioni interdipendenti e note. Sono diffusissimi.
Come nella figura sopra, c’è chi vede una giovane, e chi vede una vecchia. Entrambe le figure sono corrette: nel momento di visualizzarne una, si perde di vista l’altra, ma questo non implica il fatto che l’altra non esista. Il dilemma le contiene entrambe e l’una definisce l’altra.
Cosa c’entra questo con il problema di trasformazione dell’azienda? Io credo che si tratti proprio di un paradosso, di una polarità, e che quindi non ammetta una soluzione unica, bensì due, note e interdipendenti. Le due soluzioni si presentano in questa forma:
(1) Tradizione / (2) Innovazione
(1) Stabilità / (2) Cambiamento
L’innovazione, le sue roccaforti (gli Innovation Lab, per esempio), i suoi alfieri (gli Innovation Managers e gli “spiriti innovativi”), non sono l’unica risposta al problema del cambiamento in azienda, perchè una sola risposta, così polarizzata, non esiste.
E’ quindi ingiusto misurare gli Innovation Lab rispetto alla loro capacità di generare cambiamento in azienda. Da soli, non possono farcela.
Sarebbe più giusto sospendere il giudizio e riprendere in mano il dilemma della trasformazione: se gli Innovation Lab stanno in un polo, cosa c’è nell’altro polo? Difficile a dirsi, poiché tutti i riflettori sono puntati su chi si occupa di innovazione, appunto.
Invece è proprio questa la sfida dell’ambidestrismo: sollevare per un attimo il riflettore e disegnare una regia più articolata e consapevole, in cui il focus dell’azienda danza in modo intenzionale e fluido tra le iniziative che traguardano nuovi mercati e quelle che proteggono quelli esistenti, tra quelle che sponsorizzano il cambiamento e quelle che tutelano la stabilità. Alla luce, questo sì, di un obiettivo superiore e comune: quello di continuare a operare e prosperare in condizioni di mercato sempre più incerte
Modern companies need something more than just another innovation lab. They need something more than R&D and prototyping, something distinct from the secretive skunkworks projects of old. They need the ability to consistently and reliably make bets on high-risk, high-reward projects without having to bet the whole company.
Eric Ries, The Startup Way
[1] https://www.cbinsights.com/research/corporate-innovation-labs/
[2]http://www.zdnet.com/article/why-innovation-labs-fail-and-how-to-make-them-succeed/
[4]https://www.intrapreneurshipconference.com/innovation-labs-flying-failing/
[5]https://www.collectivecampus.com.au/blog/how-to-prevent-your-innovation-lab-from-failing